lunedì 29 novembre 2021

Recensione: Lacryma

 

Lacryma


Autrice: Domenica Lupia
Genere: psicologico, romanzo di distruzione

Anno di pubblicazione: 2021


Sinossi della trama

Michele Liguori, un ragazzo come tanti iscritto alla Facoltà di Filosofia, si ritrova ricoverato in un innominato ospedale di Roma in condizioni innominabili. E assistito da un'infermiera per lui senza nome, nelle sue precarie condizioni fisiche e mentali, si ritrova a ripercorrere gli eventi che lo hanno portato a finire in quel letto d'ospedale, da solo e abbandonato da tutto e tutti.


Commento al testo

La storia narrata dall'autrice non è una di quelle che si possono incrociare tutti i giorni, non sulle pagine di un libro: non è infrequente nelle opere di letteratura vedere personaggi che si ritrovano in coinvolti per le più varie ragioni a percorrere una strada di perdizione, di autoannichilimento e di dannazione, un personaggio la cui dimensione anche narrativa e le sue possibilità di salvezza sono proporzionali all'economia del racconto. Molto più raro è invece vedere come tale strada venga percorsa e soprattutto vista dall'interno, vissuta e raccontata da chi tale strada la imbocca e ne viene per molti versi trascinato e per altri invece la segua scientemente.

Il tratto che contraddistingue più di tanti altri Lacryma risiede nella sua attualità e nel fatto che il protagonista potrebbe essere un qualsiasi ragazzo del giorno d'oggi: al pari del “Giovane Holden” la narrazione avviene in prima persona e lo stile ed il tono del racconto sono gli stessi che potrebbero essere tipici di qualsiasi ragazzo che attraversa una certa fase, abbastanza giovane, della propria vita e lo fa senza avere una particolare robustezza interiore o una rete di supporto fatta di amici e parenti fidati e capaci di venire in tempestivo soccorso delle fragilità altrui. Ma se il protagonista dell'opera di Salinger alla fine torna a casa ed ha una sorellina anche più forte di lui, pronta e capace di aiutarlo a non andare del tutto alla deriva, Michele Liguori è uno dei tanti giovani soli che hanno avuto la sfortuna di incontrare la persona sbagliata al momento sbagliato e di non resistere al suo influsso, al fascino perverso di una sorta di dandy trasandato e fuori posto che però ha quel qualcosa che convince gli altri a dargli retta.

La discesa agli inferi del protagonista è per certi versi analoga e contraria al Ritratto di Dorian Gray, opera peraltro citata in Lacryma: se infatti Dorian Gray è un personaggio che perde man mano umanità diventando un individuo sempre più oscuro, abietto ed aberrante eppure quasi mai scoperto nella sua natura perversa, il ragazzo protagonista è invece vittima della propria incapacità di riconoscere il pericolo rappresentato da un novello Dorian Gray già privo di scrupoli o coscienza e nel giro di un nulla viene preso e pervertito da una figura meschina e sagace, capace di sedurre ed ingannare, irretire senza essere mai del tutto chiaro o del tutto onesto e di riplasmare e ricreare la mente delle sue vittime, capace di portarle su qualsiasi strada voglia e soprattutto di fargliele accettare e volere, giocando coi sentimenti altrui e creando dipendenze su vari livelli.

Ciò che più colpisce e che non può lasciare indifferente il lettore è il modo in cui tutto è reso in maniera realistica, come l'intera vicenda, seppur inventata, possa essere tremendamente comune e possa capitare a chiunque di poter essere irretito dalla persona sbagliata, come quel soggetto apparentemente bello e perfetto possa arrivare ad avere un ascendente tale da annullare, tenere in pugno e dominare un'altra persona in maniera pressoché totale. Contribuisce a rendere il tutto credibile e a tratti anche disturbante il fatto che il protagonista potrebbe essere un qualunque ragazzo dalla mente tanto aperta e fragile che non si rende del tutto conto di quanto la persona che arriva addirittura ad amare sia una personalità invece ben diversa da come la vede, tanto malata dentro da non provare alcuna pietà o rimorso per quello che fa e da indurlo a cambiare anche radicalmente, a fargli cambiare gusti ed inclinazioni e persino a provare e diventare dipendente da sostanze psicotrope varie, a vivere in menage e condizioni sempre più degradanti e a compiere azioni normalmente inaccettabili per procurarsi altra droga e soprattutto ad amare tutti questi deterioramenti in maniera malsana e perversa. Persino in quei momenti in cui la negatività dell'altro diventa palese ed innegabile e anzi il male compiuto e la manipolazione anche sfacciata sono ormai evidente fonte di compiacimento, persino quando il male viene compiuto di fronte ai suoi stessi occhi, la volontà della vittima di andarsene e spezzare il circolo vizioso diventa flebile e velleitaria in presenza di quella persona, che a tutti gli effetti è la vera droga, il vero veleno, il vero ed unico male che possa arrivare a colpire un qualunque giovane indifeso di fronte a tanta seducente e sempre più inebriante malignità.

Le conseguenze ed il degrado fisico e mentale della dipendenza non solo dalla droga sono la sgradevole conseguenza che è ovvia solo per il lettore, che non può che seguire impotente l'annientamento di Michele Liguori, disposto persino a morire per far cessare le sofferenze fisica procurategli dalle conseguenze del voler seguire ciecamente quell'amore sbagliato eppure radicato in ogni fibra di corpo, mente ed anima... un amore cancerogeno, la fine del quale è l'unica condizione che possa portare ad una qualche speranza di una minima salvezza o di un inizio di un recupero di sé, anche quando potrebbe essere già troppo tardi per poter riprendere la propria vita.