sabato 7 gennaio 2023

Recensione: Giudizi Universali

 

Giudizi Universali




Autrice: Aurélie Ezquerra
Genere: narrativa
Anno di pubblicazione: 2022
Casa Editrice: autopubblicato


Sinossi della trama 

Elena, Marilena e Giulia sono tre donne di tre età e generazioni diverse che si ritrovano tutte legate, ciascuna a modo proprio, alla tragedia dei tristemente noti Anni di Piombo. Quegli anni sono forieri di conseguenze che non sono solamente quelle riportate dalle cronache e dagli atti giudiziari, sia per chi li ha vissuti attivamente per scelta sia per chi si è semplicemente trovato nella posizione di danno collaterale.


Commento al testo

Si può dare una definizione sintetica di questo romanzo a tre voci: difficile.

L'autrice affronta infatti l'epoca degli anni Settanta, dei crimini commessi dai movimenti armati e delle conseguenze a lungo termine in una maniera molto bella e sorprendente: impiega infatti uno stile in prima persona per tutto il romanzo, in cui ciascuna delle protagoniste è voce narrante di una parte della vicenda, che è poi il racconto delle parti salienti della propria vita. In ciascuna parte in cui è suddiviso il romanzo, la protagonista di turno è impegnata in una sorta di dialogo con una delle altre due, ma il dialogo non è concreto: non avviene infatti tra personaggi che si parlano l'uno di fronte all'altro, bensì è un discorso rivolto ad una persona assente e addirittura sconosciuta alla voce che narra le vicende, ma ugualmente si rivolge a lei perché ha avuto un impatto non indifferente su di lei e ripercorre questo impatto esistenziale dandole del “tu”. In tal modo la voce narrante sembra quasi rivolgersi fittiziamente in alcuni momenti anche al lettore, avvicinandosi così all'espediente meglio noto come “rottura della quarta parete”, sebbene l'intento dell'autrice non sia mai evidentemente questo: il lettore non è mai chiamato direttamente in causa da chi descrive l'arco della propria vita, ma in questo modo può ritrovarsi ad essere in prima persona l'interlocutore di Elena, Marilena o Giulia e interfacciarsi con la narratrice dall'altro lato del libro.
In ogni parte, l'autrice parla con la voce della donna ai giorni presenti e si riferisce al passato e in tal modo descrive una vicenda di fantasia che è invero credibile: sfruttando anche i giusti riferimenti e contesti storici, racconta in modo colloquiale diversi fatti come chiunque farebbe nel raccontare il proprio passato. Per la stessa ragione, la narrazione non avviene in ordine cronologico, ma la narrazione passa tra vari spezzoni ed eventi che descrivono eventi che poi si intrecciano in un gioco di alternanze e ricongiungimenti tra i quali intercorrono anche vari anni, ma che riescono a mantenere comunque sempre chiaro l'ordine e lo svolgimento dell'intera storia, anche quando la fine delle vicende viene ampiamente anticipata e tutti i fatti si ritrovano a spiegare e ricongiungersi a quel preciso momento di anticipazione.


Ciò che rende difficile approcciarsi al testo non risiede nel tratto stilistico, quanto nelle vicende storiche e nei personaggi, in particolare quello di Elena, che è anche la prima voce narrante. L'autrice non entra mai davvero nel novero e nel merito delle discussioni ideologiche di chi è stato protagonista di quelle battaglie e non giustifica mai il fenomeno dei brigatisti o il loro operato e nemmeno entra nei dettagli più minuziosi di come si siano svolti determinati fatti: il suo merito è invece quello di riuscire a tratteggiare la psiche di chi si è resa responsabile di crimini atroci ed efferati e li ha commessi con convinzione assoluta, senza mai pentirsi di essere stata in guerra o di averla persa, ma è stata anzi in grado di continuare a vivere senza provare nemmeno rimorso o pentimento per le malefatte commesse. Si tratta della voce indubbiamente più controversa e con la quale è difficile riuscire ad empatizzare, specie alla luce di quanta sofferenza è stata arrecata di propria mano e per il rifiuto di riconoscere di aver commesso qualcosa di sbagliato.
Le altre due voci invece sono per certi versi speculari e complementari alla prima: se Elena ha causato parecchio dolore senza mai guardarsi indietro, Marilena è la voce di chi è rimasta vicino a rimettere insieme i cocci di chi ha dovuto soffrire le conseguenze di tali scelte, con la pazienza e l'amore di una persona resiliente e diametralmente opposta a chi infligge il male senza pensarci due volte perché necessario o di ostacolo alla propria causa. Una persona che con tenacia e forza d'animo riesce ad essere felice nonostante tutto e nonostante le alternative che avrebbero potuto portarle un futuro forse più brillante, ma in fondo meno felice rispetto alle proprie scelte e non all'altezza del proprio coraggio.
Giulia invece è la voce di chi ha patito il semplice esistere ed essere frutto indesiderato di altrettante scelte, che per ironia della sorte si ritrova invischiata nelle conseguenze di anni che non ha vissuto sulla propria pelle e a cui non si è mai accostata con il pensiero, ma che ha lasciato comunque il segno su altre persone che a lei si accostano e che devono trovarsi a fare i conti col proprio passato. Un passato che per quanto presenti un conto salato e delle conseguenze innegabili per l'immutabilità di ciò che è stato fatto, non è comunque una condanna definitiva, perché di fronte e al fianco della persona giusta, è possibile comunque cambiare anche vita in maniere altrimenti imprevedibili o impossibili.


Il romanzo tratta di diversi temi, senza mai entrare nel politico e senza mai dare un giudizio netto tra giusto o sbagliato: il metro di giudizio morale è lasciato nelle mani del lettore nelle sue sole convinzioni personali e non è mai questo l'importante, perché tutte e tre le voci hanno un loro vissuto ed un loro modo di affrontare la vita e il dolore, che inevitabilmente arriva a colpire l'esistenza di chiunque in vari modi e per varie ragioni. Ciò che conta è come lo si vive e come si reagisce ad esso, indipendentemente se è conseguenza del proprio percorso, dell'essere entrati e usciti dalle vite degli altri o delle proprie stesse origini.
Così come non c'è un unico modo di vivere le gioie e i dolori della vita, allo stesso modo non c'è nemmeno un unico modo di arrivare al Giudizio Universale profetizzato, che è tra gli altri il leit motiv che dà il titolo al romanzo: c'è chi vi crede, chi pensa che non sia reale, chi pensa che sia proprio dovere fare qualcosa di buono per rendere il mondo più giusto e chi si impegna a fare la propria parte per renderlo possibile. Di fronte a tante prospettive diverse, è impossibile dire quale sia quella corretta, ma solo arrivare a concludere che ognuno ha la propria visione e solo il tempo potrà rivelare quale si avvicini di più alla verità.

In tal senso, non c'è un vero e proprio lieto fine o un finale da osservare, perché la vita di ognuno ha il proprio finale e arrivarci non è sempre facile o felice, ma è solo una questione di come si vive e di come si arriva al proprio giudizio finale.