Giudizi Universali
Autrice: Aurélie Ezquerra
Genere: narrativa
Anno di pubblicazione: 2022
Casa Editrice: autopubblicato
Sinossi della trama
Elena, Marilena e Giulia sono tre donne di tre età e generazioni diverse che si ritrovano tutte legate, ciascuna a modo proprio, alla tragedia dei tristemente noti Anni di Piombo. Quegli anni sono forieri di conseguenze che non sono solamente quelle riportate dalle cronache e dagli atti giudiziari, sia per chi li ha vissuti attivamente per scelta sia per chi si è semplicemente trovato nella posizione di danno collaterale.
Commento al testo
Si può dare una definizione sintetica di questo romanzo a tre voci: difficile.
L'autrice affronta infatti l'epoca
degli anni Settanta, dei crimini commessi dai movimenti armati e
delle conseguenze a lungo termine in una maniera molto bella e
sorprendente: impiega infatti uno stile in prima persona per tutto il
romanzo, in cui ciascuna delle protagoniste è voce narrante di una
parte della vicenda, che è poi il racconto delle parti salienti
della propria vita. In ciascuna parte in cui è suddiviso il romanzo,
la protagonista di turno è impegnata in una sorta di dialogo con una
delle altre due, ma il dialogo non è concreto: non avviene infatti
tra personaggi che si parlano l'uno di fronte all'altro, bensì è un
discorso rivolto ad una persona assente e addirittura sconosciuta
alla voce che narra le vicende, ma ugualmente si rivolge a lei perché
ha avuto un impatto non indifferente su di lei e ripercorre questo
impatto esistenziale dandole del “tu”. In tal modo la voce
narrante sembra quasi rivolgersi fittiziamente in alcuni momenti
anche al lettore, avvicinandosi così all'espediente meglio noto come
“rottura della quarta parete”, sebbene l'intento dell'autrice non
sia mai evidentemente questo: il lettore non è mai chiamato
direttamente in causa da chi descrive l'arco della propria vita, ma
in questo modo può ritrovarsi ad essere in prima persona
l'interlocutore di Elena, Marilena o Giulia e interfacciarsi con la
narratrice dall'altro lato del libro.
In ogni parte, l'autrice parla con la
voce della donna ai giorni presenti e si riferisce al passato e in
tal modo descrive una vicenda di fantasia che è invero credibile:
sfruttando anche i giusti riferimenti e contesti storici, racconta in
modo colloquiale diversi fatti come chiunque farebbe nel raccontare
il proprio passato. Per la stessa ragione, la narrazione non avviene
in ordine cronologico, ma la narrazione passa tra vari spezzoni ed
eventi che descrivono eventi che poi si intrecciano in un gioco di
alternanze e ricongiungimenti tra i quali intercorrono anche vari
anni, ma che riescono a mantenere comunque sempre chiaro l'ordine e
lo svolgimento dell'intera storia, anche quando la fine delle vicende
viene ampiamente anticipata e tutti i fatti si ritrovano a spiegare e
ricongiungersi a quel preciso momento di anticipazione.
Ciò che rende difficile approcciarsi
al testo non risiede nel tratto stilistico, quanto nelle vicende
storiche e nei personaggi, in particolare quello di Elena, che è
anche la prima voce narrante. L'autrice non entra mai davvero nel
novero e nel merito delle discussioni ideologiche di chi è stato
protagonista di quelle battaglie e non giustifica mai il fenomeno dei
brigatisti o il loro operato e nemmeno entra nei dettagli più
minuziosi di come si siano svolti determinati fatti: il suo merito è
invece quello di riuscire a tratteggiare la psiche di chi si è resa
responsabile di crimini atroci ed efferati e li ha commessi con
convinzione assoluta, senza mai pentirsi di essere stata in guerra o
di averla persa, ma è stata anzi in grado di continuare a vivere
senza provare nemmeno rimorso o pentimento per le malefatte commesse.
Si tratta della voce indubbiamente più controversa e con la quale è
difficile riuscire ad empatizzare, specie alla luce di quanta
sofferenza è stata arrecata di propria mano e per il rifiuto di
riconoscere di aver commesso qualcosa di sbagliato.
Le altre due voci invece sono per certi
versi speculari e complementari alla prima: se Elena ha causato
parecchio dolore senza mai guardarsi indietro, Marilena è la voce di
chi è rimasta vicino a rimettere insieme i cocci di chi ha dovuto
soffrire le conseguenze di tali scelte, con la pazienza e l'amore di
una persona resiliente e diametralmente opposta a chi infligge il
male senza pensarci due volte perché necessario o di ostacolo alla
propria causa. Una persona che con tenacia e forza d'animo riesce ad
essere felice nonostante tutto e nonostante le alternative che
avrebbero potuto portarle un futuro forse più brillante, ma in fondo
meno felice rispetto alle proprie scelte e non all'altezza del
proprio coraggio.
Giulia invece è la voce di chi ha
patito il semplice esistere ed essere frutto indesiderato di
altrettante scelte, che per ironia della sorte si ritrova invischiata
nelle conseguenze di anni che non ha vissuto sulla propria pelle e a
cui non si è mai accostata con il pensiero, ma che ha lasciato
comunque il segno su altre persone che a lei si accostano e che
devono trovarsi a fare i conti col proprio passato. Un passato che
per quanto presenti un conto salato e delle conseguenze innegabili
per l'immutabilità di ciò che è stato fatto, non è comunque una
condanna definitiva, perché di fronte e al fianco della persona
giusta, è possibile comunque cambiare anche vita in maniere
altrimenti imprevedibili o impossibili.
Il romanzo tratta di diversi temi,
senza mai entrare nel politico e senza mai dare un giudizio netto tra
giusto o sbagliato: il metro di giudizio morale è lasciato nelle
mani del lettore nelle sue sole convinzioni personali e non è mai
questo l'importante, perché tutte e tre le voci hanno un loro
vissuto ed un loro modo di affrontare la vita e il dolore, che
inevitabilmente arriva a colpire l'esistenza di chiunque in vari modi
e per varie ragioni. Ciò che conta è come lo si vive e come si
reagisce ad esso, indipendentemente se è conseguenza del proprio
percorso, dell'essere entrati e usciti dalle vite degli altri o delle
proprie stesse origini.
Così come non c'è un unico modo di
vivere le gioie e i dolori della vita, allo stesso modo non c'è
nemmeno un unico modo di arrivare al Giudizio Universale
profetizzato, che è tra gli altri il leit motiv che dà il titolo al
romanzo: c'è chi vi crede, chi pensa che non sia reale, chi pensa
che sia proprio dovere fare qualcosa di buono per rendere il mondo
più giusto e chi si impegna a fare la propria parte per renderlo
possibile. Di fronte a tante prospettive diverse, è impossibile dire
quale sia quella corretta, ma solo arrivare a concludere che ognuno
ha la propria visione e solo il tempo potrà rivelare quale si
avvicini di più alla verità.
In tal senso, non c'è un vero e proprio lieto fine o un finale da osservare, perché la vita di ognuno ha il proprio finale e arrivarci non è sempre facile o felice, ma è solo una questione di come si vive e di come si arriva al proprio giudizio finale.